Processo all’università: sempre più inefficace e iniqua

Gli anni della contestazione giovanile hanno avuto come lascito positivo lo sviluppo dell’università di massa. Parlando del caso meneghino, l’Università degli Studi di Milano passò dai 7.461 iscritti del 1959 ai quasi 20.000 del 1969-70. Da quel momento, anche sullo sfondo della contestazione studentesca e delle ulteriori suggestioni che questa alimentava, la tendenza si fece via via più intensa e accelerata, fino alla punta dei 63.642 iscritti nel 1978-79, un processo che coinvolgeva tutto l’universo universitario italiano.

Negli ultimi dieci anni però si assiste ad una netta controtendenza. «In un mercato del lavoro condizionato dalle reti di relazioni e dalla prevalenza di canali informali di reclutamento, l’indagine testimonia che nel corso della recessione la mobilità sociale non è certo migliorata: la crisi occupazionale ha colpito maggiormente chi proviene da contesti meno favoriti, ingessando ancor di più la struttura sociale del Paese», è stato il commento del professor Francesco Ferrante. Parlava al convegno che a maggio si è svolto sul XVII Rapporto AlmaLaurea, “Profilo e la Condizione occupazionale dei laureati” all’Università Bicocca di Milano. «Tra il 2006 e il 2014 il tasso di occupazione dei giovani provenienti da famiglie meno favorite si è ridotto di 10 punti percentuali, a fronte di una riduzione di tre punti per i giovani provenienti dalle famiglie più favorite».

Una dinamica simile si è registrata anche per le retribuzioni reali, diminuite tra il 2006 e il 2014 del 13% per i laureati provenienti da famiglie dove almeno uno dei genitori è in possesso di laurea; la discesa per chi proviene dalle famiglie in possesso di licenza elementare è stata invece del 20 per cento. Di conseguenza l’appetibilità degli studi universitari, soprattutto per i giovani provenienti da questi contesti, ne ha risentito e rischia di affievolire ulteriormente il ruolo dell’istruzione avanzata come ascensore sociale. Quella che viene sempre definita “morte dell’università” è sempre di più un dato strutturale: le iscrizioni all’università sono in decrescita, di anno in anno. Nel 2013 fece scalpore il dato dei 58.000 immatricolati in meno rispetto al decennio precedente. Ma non bisogna fermarsi al solo crollo delle immatricolazioni. Infatti, fra il 2015 e il 2014 si sono registrate quasi 70.000 iscrizioni in meno (45.000 solo al Sud); e nel 2014 si registrava un calo rispetto al 2013 di oltre 32.000 iscritti (dato fornito dall’Anagrafe nazionale degli studenti universitari elaborata dal Miur).