Artigianato della Sardegna

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Numerosi sono gli oggetti realizzati ancora oggi seguendo antiche tecniche di lavorazione, come ad esempio accade per l’intaglio del legno per la produzione d’utensili casalinghi (mestoli, ecc.), mobili e per le maschere lignee de is Mamuthones, de sos Socadores e de is Merdules di Mamoiada.

La lavorazione del sughero, estratto dalla Quercus Suber (quercia da sughero), utilizzato addirittura dai Romani durante il loro dominino dell’Isola per la costruzione di sandali e la copertura delle anfore; a questo Calangianus, nella Gallura, è considerata a pieno titolo la capitale italiana del sughero, dove la prima fabbrica sorse nel 1851.

Fu iniziata sempre dai Romani l’estrazione del granito, prevalentemente in Gallura, per la presenza dell’imponente massiccio granitico del Monte Limbara, ma questo in qualche caso ha portato ad uno sfruttamento di risorse incontrollato, cosa che ha causato ferite ambientali avvolte insanabili.
L’utilizzo di cortecce e steli di diverse tipologie vegetali, sono abilmente intrecciati per la realizzazione di canestri, cesti, cestini, stuoie, e sporte, realizzando, con abbinamenti di colore delle diverse materie prime disponibili in natura, disegni tipici che spesso riportano a scene di vita quotidiana.

Un’ammirevole ricchezza di colori e geometrie caratterizzano la tessitura e il ricamo d’arazzi, a volte vere e proprie opere d’arte, coperte, copricapo, costumi, scialli, tappeti, per i quali spesso si continuano ad utilizzare rustici telai manuali in legno; sono da ricordare i tessuti di Ulassai nell’Ogliastra, i tappeti di Aggius, Logoro e Samugheo, i ricami di Bosa e gli scialli di Oliena.

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Per quanto riguarda la pratica dell’arte della filigrana, utilizzata da tempo antichissimo, sin dal XII secolo, è oggi utilizzata sopratutto per la produzione di gioielli usati per adornare i costumi tipici sardi, in particolare quelli utilizzati in occasione di feste e matrimoni; molto rinomati sono la fede sarda e la corniola nuorese. Quest’ultima è un ornamento realizzato in pietra dura con intagliate a bassorilievo una o più figure ad uno o più strati di colore, frequentemente con lo sfondo rosso ed il rilievo giallo chiaro.
La lavorazione dei gioielli comprende il corallo, per cui Alghero è tra i maggiori centri produttori dell’Isola, tanto da essersi meritato l’appellativo di “Riviera del corallo”, l’oro giallo, l’oro bianco, l’argento.

La forgiatura dell’acciaio da cui prendono forma le lame per la realizzazione dei coltelli a serramanico, con il manico in corno di montone o muflone, praticata in tutta la Sardegna, raggiunge la massima espressione in tre piccoli centri: Pattada, Santu Lussurgiu e Arbus, da cui derivano i nomi dei coltelli tipici dei pastori: la Pattadesa, la Lussurgea e l’Arburesa. Produzione che raggiunge un alto livello di fascino e maestria con la lavorazione dell’acciaio Damasco.

coltello sardo

Rappresentativo anche l’artigianato della ceramica e della terracotta, legato ad un passato antichissimo: la ricchezza di forme degli oggetti, dei colori, dei disegni che li ornano ne fanno uno tra i settori che definire semplicemente artigianale è oramai restrittivo, in quanto le produzioni sono da tempo divenute delle vere e proprie opere d’arte, con canoni estetici raffinati con un alto valore espressivo che supera il semplice uso comune degli oggetti quali semplici contenitori, ma sempre più frequente ne fa oggetto da collezione o da esposizione.
Per gli appassionati di finimenti per cavalli, si ricorda la produzione di selle e briglie artigianali, oltre a cartucciere, zaini e il su cossu (gilet di pelle di vitello) realizzate a Santu Lussurgiu, piccolo centro pastorale in provincia d’Oristano.