Solo la cultura può salvare Roma dalla tristezza

Soffocata dalle polveri sottili e dalla pioggia di guano degli uccelli, Roma si sta trasformando in una specie di gigantesco non-luogo asfissiante e sfibrato. Una città senza sindaco e con due papi, e sotto la tutela di due commissari: Francesco Paolo Tronca – un prefetto che mai si era occupato di questioni romane – per gestire il comune; e Franco Gabrielli – un esperto di protezione civile – per gestire il giubileo appena cominciato (e già deludente per gli operatori turistici che si lamentano per le prenotazioni cancellate dalla paura degli attentati). Un duumvirato poliziesco che sta amministrando la città senza che stia stato eletto da nessuno, per un tempo emergenziale di cui non si conosce ancora un termine: si voterà forse a giugno, forse a settembre, forse chissà.

La defenestrazione di Ignazio Marino e della sua giunta ha creato una tale sfiducia nella classe politica che il governo e il Pd stanno cercando di rinviare il più tardi possibile la data elettorale, sperando di far dimenticare la scena grottesca di un sindaco sfiduciato perché non aveva rendicontato degli scontrini e perché era bizzarro. Nel frattempo l’amministrazione di Tronca è tutta all’insegna di una retorica vizza di decisionismo.

Dopo aver inaugurato il suo mandato con un saluto urbi et orbi dal Campidoglio e un incontro con papa Bergoglio – come se veramente fosse il salvatore della patria – Tronca si è circondato di sei collaboratori (ex prefetti vari) e ha provato ad amministrare la città come se si trattasse di un condominio. Multe e repressione in nome del feticcio del decoro, riduzione della spesa sociale e privatizzazioni in nome del feticcio del risparmio e dell’efficienza.