Spazi di comunione: Isola nel Kantiere

È bizzarro che i cicli di vita di molti spazi—perché sì, gli spazi liberati sono a tutti gli effetti entità vive e pluricellulari—nati abusivamente agli occhi delle autorità, ma pure a quelli della cittadinanza più ottusa e passiva, siano sempre gli stessi, da sempre. Che sia datato 2015 o 1991 fa poca differenza; un posto autogestito e reso fruibile da una comunità che crede in un modello di sviluppo artistico-culturale alternativo, vedrà sempre incombere la ghigliottina dello sgombero. Almeno fino a quando non si sarà creata una piattaforma funzionale al suo stesso sostentamento, che veda la partecipazione attiva di coloro che ci credono davvero. Il grosso paradosso per cui gran parte delle dinamiche con cui ci si oppone a un dato modello di industria culturale, si riversano endemicamente in quella stessa industria, non interferisce con la chiave di lettura di questo secondo approfondimento sugli spazi liberati/di comunione, che per inciso si focalizza su Bologna.

L’urgenza di dare spazio, forma e struttura a espressioni artistiche, mettendo al centro il gesto politico che esse rappresentano, e le dinamiche con cui questo bisogno passa dall’essere un semplice tarlo nella testa di pochi, a realtà operante in una sede fisica, con piani, programmi, ambizioni e risultati, è un po’ al centro di questa serie sugli spazi liberati, di cui il primo capitolo ha riguardato Milano e Macao.

Il fatto che la città di Bologna, oltretutto sia da venerdì orfana di Atlantide, rende le cose un po’ più antipatiche del previsto. La ferita è ancora troppo fresca, il dolore non accenna a coagularsi in tempi brevi, e lo sfregio più grande sarebbe intendere questo focus come un “rendere omaggio,” nell’accezione più sterile e paracula del termine, anche se il luogo, la storia, i protagonisti e gli anni in questione sono altri.

​Ho chiesto a Deemo di raccontarmi, secondo la sua esperienza, la storia dell’Isola nel Kantiere, che esattamente come Atlantide ha incarnato un potente spirito di lotta, di cui ogni singolo abitante della città provvisto di un minimo di sensibilità critica e politica, ha fatto tesoro negli anni a venire.