Sergio Bologna: Ecco come i freelance si auto-organizzano nella Sharing economy

«È un grave errore con­si­de­rare le pro­ble­ma­ti­che dei self employed come sepa­rate e incom­pa­ti­bili con quelle di tutte le altre figure della new eco­nomy dell’era digi­tale. Il tema della new work­force, della work­force of the future [Forza lavoro del futuro, ndr] è cen­trale: sia che lo si tratti dal punto di vista socio­lo­gico, poli­tico, giu­ri­dico, cul­tu­rale o antro­po­lo­gico, è desti­nato a cre­scere d’importanza» scrive Ser­gio Bolo­gna nel pam­phlet: La New Work­force. Il movi­mento dei free­lance (Aste­rios), un agile libro che può essere con­si­de­rato come la guida alla tra­sfor­ma­zione del lavoro indi­pen­dente negli Stati Uniti e in Europa, Ita­lia compresa.

Lo sto­rico del movi­mento ope­raio, già autore della tesi sul «lavoro auto­nomo di seconda gene­ra­zione», oggi con­ti­nua a esplo­rare il con­ti­nente emerso del quinto stato, cioè di coloro «che lavo­rano per conto pro­prio, che non hanno un sala­rio per­ché non dipen­dono da imprese pri­vate o ammi­ni­stra­zioni pub­bli­che, lavo­rano da sole senza col­la­bo­ra­tori sala­riati». Per molto tempo, la mag­gio­ranza dei lavo­ra­tori indi­pen­denti negli stati capi­ta­li­sti è stata costi­tuita da tre cate­go­rie di per­sone: «i con­ta­dini pic­coli pro­prie­tari di un ter­reno o col­ti­va­tori diretti e i pic­coli com­mer­cianti che ten­gono un nego­zio» scrive Bolo­gna. I liberi pro­fes­sio­ni­sti ordi­ni­stici come medici, avvo­cati, notai o gior­na­li­sti svol­ge­vano «un’azione di sus­si­dia­rietà rispetto allo Stato». Con la crisi del ceto medio e la cre­scita delle nuove pro­fes­sioni all’interno dell’economia della con­di­vi­sione («sha­ring eco­nomy») i sog­getti sono enor­me­mente aumen­tati, modi­fi­cando i con­fini tra il lavoro sala­riato e quello auto­nomo, senza con­si­de­rare quelli tra il lavoro auto­nomo tra­di­zio­nale, pro­fes­sio­nale e il «pre­ca­riato».