Storia della Sardegna

Le prime significative tracce d’insediamenti umani nell’Isola risalgono al VII millennio a.C. con l’approdo di popoli provenienti dal Mediterraneo orientale che si stabilirono prima lungo le coste e poi andarono man mano spostandosi all’interno, basando la loro vita sulla raccolta dei prodotti della foresta, poi sull’agricoltura, la pastorizia e l’artigianato.
Rappresentativi della società di quel tempo sono le antiche architetture delle domus de janas (case delle fate), grotte artificiali scavate nella roccia dove erano collocati i morti.

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Il simbolo più rappresentativo dell’antichità Sarda è il nuraghe, costruzione realizzata dalla civiltà nuragica, presente sull’isola dal 2500 al 250 a.C.. Si tratta di grosse strutture in pietra a forme di torre troncoconica, usati presumibilmente come centri di organizzazione militare, religiosa, politica ed economica del territorio circostante. Spesso da sole ma frequentemente sono rinvenibili anche a gruppi, dando addito a veri e propri villaggi. Circa 7.000 i nuraghi visibili, sparsi su tutta la regione, forse addirittura 12.000, tenendo conto di quelli ancora da valorizzare archeologicamente.

Tra i nuraghi più visitati si ricordano: Albucciu ad Arzachena, Losa ad Abbasanta, Majori a Tempio Pausania, Palmavera ad Alghero, Santu Antine sito a Terralba, vicino ad Oristano, Su Nuraxi a Barumini, Villaggio di Santa Cristina presso Paulilatino.

Contemporanee dei nuraghi sono anche le Tombe dei Giganti, così appellate per le grandi dimensioni. Queste erano delle costruzioni in pietra estese in senso orizzontale utilizzate come sepolture collettive. Al loro interno i defunti erano riposti accovacciati l’uno a fianco all’altro. Le pietre erano disposte in due file laterali e parallele, la copertura era realizzata con grossi massi piatti appositamente trasportati e posizionati a ponte sopra le altre due file. All’entrata era lasciata una sorta di finestrella da cui poteva entrare il sole durante le ore di maggiore esposizione al sole. Persino l’orientamento della finestrella era studiato per raggiungere quest’obiettivo: da Nord-Est verso Sud-Ovest.

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Inoltre nella parte frontale vi erano degli altri massi disposti a formare una sorta di mezza luna completata da dei massi concavi in cui restava acceso il fuoco e su cui potevano essere riposte le offerte, come degli altarini.

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L’arte del periodo nuragico ha lasciato considerevoli testimonianze: i bronzetti, piccole statuette di bronzo raffiguranti uomini, animali e altro facente parte della vita quotidiana, realizzati per arricchire le abitazioni e per rappresentare le divinità o utilizzarli in riti religiosi. Lavori in terra cotta quali vasellame ed altri utensili d’uso comune, quali punte di frecce o di lance.

Legati al culto dell’acqua sono i pozzi sacri, interessanti sia sotto il profilo archeologico sia architettonico.
Innumerevoli sono i menhir, cioè delle grandi pietre monolitiche infisse nel terreno quasi certamente per fini religiosi. In qualche caso sono state rinvenute delle varianti alte da un’ottantina di cm fino ad oltre un metro con dei bassorilievi rappresentati figure umane stilizzate disposte testa in giù o pugnali. Queste sono in molti casi raccolte in musei in cui sono visitabili nei diversi periodi dell’anno; un esempio è il museo di Laconi, che raccoglie innumerevoli sculture del genere e può essere visitato dopo aver preso accodi con i gestori. Per maggiori informazioni è possibile chiamare il Comune, in cui saranno in grado di fornire tutte le informazioni necessarie per organizzare una visita al museo a ciò dedicato.

Appartengono all’età prenuragica i numerosi dolmen presenti in Sardegna. Si tratta di costruzioni megalitiche in cui due pietre disposte in verticale nel terreno ne sostengono un terzo orizzontale, disposto a ponte sugli stessi. Presumibilmente il loro significato è di tipo religioso o astronomico. Anche le testimonianze del culto religioso del popolo Fenicio sono innumerevoli sull’Isola: i tophet, ad esempio, sono aree cimiteriali in cui sono seppellite urne contenenti ceneri e ossa umane. L’Isola fu, infatti, occupata dai Fenici nei sec. VII e VI a.C., poi dai Cartaginesi ed in parte dagli Etruschi.

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In un tempo più recente, nel 238 a.C., passò ai Romani e fu provincia imperiale durante l’Impero e dopo la dominazione vandala (455-530). Sono effettivamente innumerevoli le costruzioni, le strade e le chiese d’epoca romana che si possono trovare sul territorio sardo. Rappresentative di questo periodo storico sono, ad esempio, la chiesa di Santa Maria ad Uta e San Saturo a Cagliari, San Nicola ad Ottana, San Pietro a Bosa, Santa Giusta nell’omonima località, Santa Maria a Bonarcado, San Simplicio ad Olbia, San Giovanni a Porto Torres, la Santissima Trinità di Saccargia a Codrongianus, Sant Antioco di Bisarcio ad Ozieri, San Pietro di Sorres a Brutta. Queste sono state edificate tra il 1.000 e il 1.300 d.C., in pieno Medioevo.

Nel 534 fu conquistata persino dai Bizantini. Continuamente esposta alle incursioni dei Saraceni dopo il sec. XI fu divisa in quattro giudicati (Cagliari, Arborea, Logudoro, Gallura). Dal sec. XI al XIII fu sotto l’influenza di Pisa e Genova; gli Aragonesi s’impossessarono dell’Isola nel 1323 ed il dominio spagnolo durò fino al 1713, quando la Sardegna fu ceduta agli Asburgo e poi ai Savoia. Sotto la loro egida formò con il Piemonte il Regno di Sardegna nel 1720. Dal 1948 è regione autonoma a statuto speciale.