FinTech: dal controllo all’empowerment degli utenti

Nel 2014 gli investimenti nel settore FinTech, i servizi tecnologici applicati alla finanza, sono cresciuti del 210%. Stiamo parlando di aziende che hanno sviluppato e lanciato sul mercato sistemi di pagamento digitali, piattaforme di crowdfunding, prodotti per la gestione del patrimonio, applicazioni bitcoin-blockchain, software finanziari, servizi per l’accesso al credito: complessivamente, tutte queste società, hanno raccolto finanziamenti pari a $12.2 miliardi a livello globale.

Se fino ad oggi le banche hanno controllato tutti gli aspetti della catena del valore delle transazioni finanziarie, oggi grazie alla tecnologia il vantaggio “informativo” si sta lentamente spostando verso gli utenti.

La tecnologia è in grado di ridurre la difficoltà (e migliorare l’esperienza) nel portare a termine delle transazioni; permette ai clienti di prestare, investire e trasferire moneta a costi più bassi e in modo più facile ed intuitivo rispetto alle istituzioni finanziarie tradizionali. Ma l’aspetto più interessante sembra essere l’aver abilitato l’accesso ad un pubblico fino ad allora “escluso” ad un più ampio spettro di servizi. Garantendo un miglior accesso all’informazione (riguardante la spesa, il credito o gli investimenti) gran parte dei prodotti FinTech hanno il pregio di aver reso gli utenti più autonomi e consapevoli circa le proprie decisioni. Spostando lentamente il valore dei servizi finanziari (e non solo) dal controllo all’empowerment dei propri utenti, si sta avviando un processo di “democratizzazione dell’accesso”.

Alcuni numeri del 2015 testimoniano questo processo. Il crowdfunding, ad esempio, ha accelerato la sua crescita del 167% nel 2014, raccogliendo $16.2 miliardi. Nel 2015 le piattaforme per l’accesso al credito partecipato sono cresciute di più del doppio, raccogliendo $34.4 miliardi. L’impulso di questa impennata è legata soprattutto alla crescita dell’interesse da parte delle regioni asiatiche per il crowdfunding e si stima che contribuirà a superare gli investimenti in Venture Capital nel 2016.

Sempre nel settore FinTech, durante gli ultimi anni, sono emerse nuove forme di consulenza finanziaria grazie a società innovative di gestione del patrimonio. Queste imprese sfruttano algoritmi e le informazioni immesse dal cliente per sviluppare raccomandazioni automatizzate di investimento. I robo-advisor, questo è il loro nome, anche grazie a costi di gestione più bassi rispetto agli advisor tradizionali stanno abilitando l’accesso agli investimenti ad una domanda che fino ad allora era rimasta ignorata: il mercato di massa americano o i millennials, per esempio, che sempre nel caso US nel 2018 possederanno circa $7 trilioni ed erediteranno dai propri genitori dai $30 ai $40 trilioni nelle prossime decadi. Se prima ci si rivolgeva ad un consulente finanziario solo se si era in possesso di un patrimonio consistente e tramite la banca, oggi è possibile accedere agli stessi servizi investendo, per esempio, somme più basse direttamente dal proprio smartphone.

Nel 2015 abbiamo visto anche l’emergere di servizi che sfruttano le potenzialità della blockchain, la rete peer-to-peer che consente di verificare e scambiare su internet non solo informazioni ma anche proprietà, indipendentemente dalla moneta virtuale che ne ha accompagnato la nascita, il bitcoin. Queste società applicano la blockchain all’identità digitale, alla Governance, agli Smart contracts, rendendo possibile l’accesso a questi servizi altamente burocratizzati a costi più bassi e con le stesse garanzie.

Infine, anche il mercato dell’assicurazione sta assistendo ad una “rivoluzione tecnologica”: IoT e Big data stanno lentamente modificando il tipo di informazioni alle quali gli assicuratori fanno riferimento per definire i profili di rischio. Grazie ai sensori applicati nelle auto di nuova generazione o agli “oggetti indossabili”, sempre più cheap, la mole di dati che racconta abitudini e stili di vita dell’utente vanno via via affinandosi. Si sta lentamente passando da un approccio reattivo ad un approccio proattivo che non solo si dimostra essere più efficiente in termini di tempo ma anche di costi. Basti pensare ai paesi dove il Welfare state è prevalentemente privato: se la gestione dell’assicurazione sanitaria diventasse più efficiente, probabilmente l’accesso alla “salute” diventerebbe più alla portata di tutti.

Accesso al credito partecipato, advisor finanziari che aprono a nuovi mercati fino ad allora inesplorati, applicazioni blockchain che permettono una gestione più snella di processi costosi e burocratizzati, polizze “personalizzate” che garantiscono costi più bassi.

Tutte queste applicazioni sembrano suggerirci che il futuro del FinTech non è verticale ma orizzontale. Il panorama sembra pronto per essere reimmaginato dalla digital economy e ci sta conducendo verso una “democratizzazione dell’accesso”.